La fine della guerra e la liberazione dal nazismo e dal fascismo cambiarono ben poco la condizione degli omosessuali.
Per molti, la liberazione dei campi di sterminio non significò affatto il ritorno alla libertà. Al contrario, accadde che molti triangoli rosa passarono dai campi di sterminio al carcere, dove avrebbero finito di scontare la pena inflitta in base al Paragrafo 175: le autorità alleate ritennero che il castigo imposto era meritato e pertanto doveva essere scontato fino in fondo. A nessun omosessuale, inoltre, venne concesso un indennizzo per quello che aveva subìto.
La Repubblica Federale Tedesca non abolì il Paragrafo 175: si limitò a alleggerirlo degli inasprimenti approvati dal regime nazista. Riformato nel 1969, il Paragrafo 175 verrà abrogato definitivamente solo nel 1994. Nel frattempo, 50.000 omosessuali verranno condannati per il proprio orientamento sessuale.
Analoga fu la sorte degli omosessuali negli altri paesi coinvolti nella seconda guerra mondiale: leggi che punivano l’omosessualità rimasero in vigore in Francia e in Inghilterra, mentre l’Italia continuò la sua politica di repressione silenziosa.
Nelle altre dittature di stampo fascista, la situazione degli omosessuali fu la stessa: mentre nella Spagna franchista la punizione per chi veniva condannato per omosessualità era il carcere, il Portogallo di Salazar si distinse per le operazioni di lobotomia eseguite dal dottor Moniz, medico capo della prigione di Lisbona.
Ma il dottor Moniz non fu il solo: lobotomia ed elettroshock per curare quelle che venivano considerate “turbe sessuali” continueranno a essere utilizzati sia negli Stati Uniti che in Europa ancora per molto tempo.
Destino tragico fu anche quello degli omosessuali in Unione Sovietica. Considerata un “vizio” tipicamente fascista, un malcostume corruttore della gioventù, quindi socialmente pericoloso, anche in Russia l’omosessualità venne duramente perseguita.
A partire dal 1934 migliaia di omosessuali vennero condannati ai lavori forzati nei gulag sparsi in tutto il paese. Qui dovettero affrontare condizioni di vita terribili. Considerati “infamanti”, subirono violenze di ogni genere: isolati dagli altri detenuti, disprezzati da questi ultimi, oggetto di ogni genere di violenza, stuprati e costretti a prostituirsi per sopravvivere, marchiati da un tatuaggio che identificava il motivo della loro condanna.
Un ex internato di un gulag arriverà a dire della condizione degli omosessuali in Unione Sovietica:
“In confronto della sua posizione, quella dei loro pari nei lager della morte del Terzo Reich è roba da nulla. Loro avevano una prospettiva chiara, la camera a gas, noi, un’esistenza da animali, destinata ad una morte per fame, ciascuno col sogno segreto di una malattia grave per avere alcuni giorni di pace su una branda del lazzaretto del lager. Conosco persone che hanno dimenticato la fine della pena o che fisicamente non hanno retto sino al giorno del rilascio”.
Le condanne ai lavori forzati e gli internamenti nei gulag per omosessualità continueranno per 60 anni. Solo nel 1993 l’articolo 121 del codice penale russo, che puniva le pratiche omosessuali, è stato abrogato.
Sulla persecuzione e sullo sterminio di tanti omosessuali, nel dopoguerra calò il silenzio.
Mentre molti dei perseguitati continuarono a scontare le proprie condanne, coloro che riconquistarono la libertà si chiusero nel silenzio. Anche i libri di storia rimossero la memoria dell’“Omocausto”. Molte associazioni di ex deportati, inoltre, rifiutarono (e alcune rifiutano tuttora) di considerare tali gli ex triangoli rosa.
Il cammino per il riconoscimento degli omosessuali come vittime della follia nazista fu lungo. Nel 2000 il governo tedesco ha chiesto solennemente scusa agli omosessuali per quanto subìto tra il 1933 e il 1969 a causa del Paragrafo 175.
Molta strada resta ancora da percorrere per un pieno riconoscimento dei diritti civili alle persone omosessuali. Nonostante la Carta Costituzionale europea vieti la discriminazione dei cittadini in base all’orientamento sessuale e tanti paesi membri dell’Unione Europea riconoscano eguaglianza giuridica alle coppie omosessuali, in altri paesi questo ancora non avviene, Italia compresa. Ma soprattutto, in molti paesi del mondo l’omosessualità continua ad essere punita con il carcere, anche a vita, o con la pena di morte.
A 60 anni dalla caduta del nazismo e della sua folle ideologia, un silenzioso Omocausto continua a mietere le sue vittime tra l’indifferenza del mondo.